domenica 17 febbraio 2008

Così vince la casta della "furlanidad"

E' esattamente il contrario di ciò che si millanta volere.
Ho sul mio comodino "Maa Onda", di Ida Vallerugo, superba raccolta di poesie nella parlata di Meduno. Non riesco a immadinare l'assessore regionale alla cultura Roberto Antonaz, mitico "compagno dalla A alla Z", leggere quei testi con la dovuta commozione. Non riesco ad immaginare nessuno dei politici promotori della legge sul friulano provare la dovuta insostenibile tenerezza di fronte a versi come (mi perdonerete l'assenza di circonflessi): "Rigina andina, per te/a na svuala pì in larchis clamus girs il condor...". Regina andina, per te più non vola in larghi e calmi giri il condor.
Ho imparato a fidarmi del mio fiuto. E il mio fiuto mi dice che ai promotori di questa legge non importa un bel niente del Friuli. Importa invece della sua sopravvivenza come Casta, quella con la C maiuscola. Serve a impedire che l'opposizione avvii una campagna elettorale "etnica", una chiamata alle armi basata sulla friulanità, contro un presidente triestino. Punto e basta. Che questa legge eriga nuovi steccati dopola caduta del vecchio confine di Stato, pare non importi. Ai "visitors" non importa lo sconcerto che questa genialata semina nel popolo della sinistra. Siamo di fronte ad una strana classe politica. Finge di ascoltare gli esperti e poi gli ignora. Chiede pareri al massimo livello sulla Ferriera di Trieste (impianto con diossina a livelli omicidi in una delle zone più urbanizzate del capoluogo) e poi lo secreta, fregandosene dell'allarme civile, perchè lo stabilimento continui a vomitare veleno. Imbastisce un ufficio, Agenda 21, per cercare il consenso delle scelte territoriali e poi non accetta nessun suggerimento, salvo a decidere devastanti sghiaimenti dei fiumi non consigliati da nessuno.
Col friulano non è poi tanto diverso. Qualche anno fa - governava la Destra - si chiese agli allievi e alle famiglie, scuola per scuola, se erano d'accordo sull'introduzione della lingua locale nei corsi. Il risultato del sondaggio non venne mai reso noto perchè fu deludente. Oggi si fa la stessa cosa: si chiede alla famiglie di esprimere la loro eventuale contrarietà, non il loro eventuale favore. Si sa che, nella seconda ipotesi, le adesioni sarebbero sicuramente minori, e la legge sarebbe sbugiardata al primo collaudo.
Pochi hanno coraggio di dire no. L'astuzia dell'operazione è tutta qui. Chi rema contro viene tacciato di antipatriottismo friulano e così il dibattito muore sul nascere. Ma vivaddio, come si fa a non capire che è uno specchietto per le allodole? E' così evidente: con una mano ti costruiscono cementifici, privatizzano la sanità e ti rapinano di metri cubi di ghiaia dal paesaggio, con l'altra ti consentono di lamentartene nella tua lingua. I treni continueranno a fare schifo, ma alla stazione di Udine - o Trieste, non importa - i treni potranno essere annunciati in friulano. Vuoi mettere la differenza. Un salto epocale. Come se in Campania, anzichè risolvere l'emergenza immondizie si attaccassero cartelli in napoletano (lingua altrettanto nobile, o no?) sui cassonetti o sulle discariche. Una furbata: e davvero non riesco a capire di come il giochetto non appaia chiaro. Un'operazione insincera, calata dall'alto, che serve ad alzare steccati e non a rafforzare un'identità in bilico. La vittoria del "friulese" - e della "furlanidad" propinata a palate da alcuni bardi di corte - che non ha niente a che fare con la dolce lingua di mio padre.
Dov'era la Curia quando il compianto pre Toni Beline - geniale traduttore della Bibbia in friulano - faticava a far quadrare i conti della sua parrocchia di Basagliapenta? Non c'era. Che facevano i politici nel tempo in cui Gilberto Pressacco traduceva dell'aramaico nel suo eremo di Montenars? Lo prendevano per matto. E oggi chi aiuta la "Cjase dai predis" di Luincis nella Carnia profonda, dove due preti indomiti resistono sotto il vessillo del verbo aquileiese, assieme a una comunità dimenticata dal Centro? Nessuno.
Oh si. Gli oligarchi che da sempre lasciano il territorio senza risposte ci daranno il nostro agognato friulano. Ma intanto il Friuli sparirà, travolto da viadotti, supermercati, materialismo, speculazioni edilizie, inquinamento, elettrodotti. Sparirà la montagna, ultimo forziere di risorse pulite, cui il Centro - come ovunque in Italia - porta via i fiumi, la terra, la pietra, persino il vento e poi ciò che resta degli abitanti. Alla Casta la lingua serve come sedativo per gli arrabbiati e come lifting per le operazioni di potere. Ma non c'entra niente con l'anima.
Prima che questo disgraziato paese di nome Italia cominciasse a urlare contro i romeni, gli islamici o gli albanesi, una ventina d'anni fa un signore a Belgrado - tale Slobodan Milosevic - decise che era venuto il tempo di dare al suo popolo (serbo) un pò di orgoglio nazionale. Il paese era in bancarotta, ma la serbità andava distribuita senza risparmio. Un giorno un giornale locale pubblicò una vigneta cui penso spesso, oggi in Italia. Si vede un bambino a tavola davanti al piatto vuoto. Chiede al papà: che c'è oggi per cena? Risposta: una scorpacciata di patriottismo. Sappiamo tutti come è andata a finire.

Paolo Rumiz

CHI E'.
Paolo Rumiz è nato nel 1949, giornalista di la Repubblica e de il Piccolo di Trieste, di cui è inviato speciale, segue dal '86 gli eventi dell'area balcanica. Ha vinto numerosi premi tra cui nel 1993 il premio Hemingway per i suoi servizi dalla Bosnia, nel 1994 il Max David, come migliore inviato italiano dell'anno. Rumiz ha vinto anche il premio San Vidal 2003 e il Premio Latisana per il Nord-Est 2003. Nel novembre 2001 si è recato a Islamabad e a Kabul, per documentare l'attacco Usa.

2 commenti:

Superpole ha detto...

Riporto da Wikipedia:

"con la legge n. 482 (1999) - altre 12 lingue: friulano, ladino, tedesco, sloveno, occitano, francese, francoprovenzale, albanese, greco, sardo, catalano e croato, (Art. 2 della legge: 1. In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Quindi, giusto per mettere i puntini sulle i, non possiamo paragonare un dialetto (il napoletano) ad una lingua.

Detto questo, d'accordo. Non è fondamentale la tutela della lingua friulana.
Di sicuro ci sono cose più importanti alle quali pensare.
Però non vedo per quale motivo si debba perdere una tradizione linguistica così tanto sentita da larga parte della popolazione friulana.

Mi sembrano i dicorsi delle stesse persone che dicono: perchè dobbiamo tenere i crocifissi nelle aule? Adeguiamoci e rispettiamo le altre religioni: togliamoli!
E via dicendo...
Non si tratta di patriottismo; si tratta di tutelare le tradizioni e la storia di una regione unica, che si differenzia dalle altre per le persone che la popolano, che sono conosciute in tutto il mondo come grandi ed onesti lavoratori.

Ciò che di brutto succede in Friuli e dovuto in gran parte a persone "forestiere" insediatesi qui allo scopo di spolpare la succulenta preda.. e anche, ahimè, da alcuni Friulani doc che hanno venduto l'anima all'interesse economico personale..

Per concludere, Il fare del bene qui in Friuli non significa dover rinunciare alle tradizioni.
E' sufficiente che chi ci governa, da Illy in giù, metta da parte i propri interessi e faccia un po' di più quelli della comunità.

luciano61 ha detto...

Ancora con i soliti problemi tra 'dialetto' e 'lingua', quando ovunque si parla Inglese...le ennesime polemiche di retroguardia...